Voglio dare una mano a chi sceglie di occuparsi dei propri stati mentali, per sviluppare consapevolezza e “serenità cognitiva”, quella che si può allenare.
Coltivo una “spiritualità pragmatica”: focalizzando la nostra attenzione verso quel che già “funziona” e ci fa star bene, nella nostra vita, riusciamo a superare la negatività – alcuni parlano di “legge di attrazione”, le scienze cognitive la chiamano “percezione selettiva”: possiamo allenare la gratitudine e l’empatia, e star immediatamente meglio nel mondo che è come è.

Voglio contribuire ad una cultura della pace, della mediazione, delle relazioni interpersonali autentiche e costruttive e della comunicazione non violenta.
Sono a disposizione di coloro che vogliono sviluppare empatia, verso gli altri e verso se stessi, un dialogo interiore costruttivo, fare amicizia con se stessi, risolvere conflitti con le proprie “parti interne”, nel counseling, o con gli altri, con la mediazione.

In particolare mi rivolgo ad artisti e creativi in senso lato – persone sensibili che possono aver bisogno di sostegno per sviluppare “muscoli dell’anima”, di fronte alle sfide e alle frustrazioni collegate agli alti e bassi da gestire in simili disegni di vita.

Sono a disposizione per facilitare processi creativi e progetti (film, teatro, processi partecipativi) e per scoprire le risorse nascoste dietro a conflitti e difficoltà.

Con counseling e mediazione possiamo occuparci del disagio tipico del vivere la tensione tra due culture: italiani che vivono in Germania, ad esempio, possono avere problemi di tipo interculturale nelle relazioni. Le aspettative implicite sono diverse in paesi diversi.
In caso di conflitti possiamo accordarci pacificamente nella gestione dei figli e imparare a separarci in amicizia, o allenare modi creativi e più solidali per restare insieme.
Un tempo norme e tradizioni condivise richiedevano ai singoli meno autonomia e consapevolezza; oggi vogliamo “realizzarci”, chiediamo di più a noi stessi. Abbiamo bisogno di strumenti cognitivi per riuscirci.
Possiamo allenare uno “sguardo etnografico” nella vita quotidiana.
E farlo grazie ad interventi sistemici e passeggiate “psicogeografiche”.

Nel counseling e nella mediazione la discrezione è garantita.